lunedì, maggio 01, 2006

Gioia Tauro: Miscellanea di immagini.

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Gioia Tauro dà oggi il nome alla Piana dove si trova alla foce del Petrace, un tempo detto Metauro. La stessa Piana si chiamava prima, cioè nel Cinquecento, Piana di Seminara, per l'importanza che aveva allora Seminara. Prima ancora, verso il Duecento, si chiamava Piana di San Martino, un paese che oggi si trova proprio al centro geografico della Piana, ma che non ha particolare importanza. Se occorre, sarò più preciso. Per adesso mi interessa fissare l'obiettivo su Gioia Tauro, che si distingue dalla vicina Palmi per essere un centro industriale e commerciale, mentre Palmi è cresciuto soprattutto sugli Uffici ed il Tribunale. Gioia Tauro è adesso anche nota per il Porto. Si dice il più grande del Mediterraneo e sul quale si fondano grandi speranze di sviluppo. Per adesso, è recintato peggio che se fosse una zona militare. Un turista non vi può accedere. Comprensibili ragioni di sicurezza e nessuno si offende. Io stesso una sola volta ho potuto visitarlo dall'interno con alcuni amici. Il cancello era aperto. Siamo entrati. Nessuno ci ha detto nulla, ma non è stato più possibile rinnovare la visita. Le navi che vi entrano sono le pià grandi del mondo ed il traffico consiste nello sbarcare le merci in navi più piccole che possono entrare in porti più piccoli. La localizzazione del porto in Gioia Tauro dopo intricate vicende è stata favorita dalla natura dei fondali di tutta la costa viola: dopo pochi metri sprofondano, Per un bagnante qui non è come su all'Adriatico, dove per affondare nell'acqua bisogna camminare parecchio. Qui se non si sa nuotare, si va subito giù dopo pochi metri. Anche per questo motivo si è potuto costruire qui anziché altrove il Porto. Dire il porto di Gioia Tauro però non è la stessa cosa che dire il porto di Amburgo, o simili, dove vi è una grande attività economica. Qui mi pare che per la gente comune siano briciole le ricadute economiche sul territorio. Ma la speranza nel futuro è grande.

Non ho una particolare conoscenza di Gioia Tauro, che dista da Seminara nove chilometri. Da Seminara vi si giunge dalla poco trafficata, ma paesaggistica via del Pontevecchio, oppure passando per Palmi girando al Trodio e facendo la statale, dove vige il limite dei cinquanta chilometri, che io sono uno dei pochi a rispettare. Su questa strada trovò la morte una mia zia, travolta da un'automobile che andava a ottanta.

Le foto che seguono sono un miscellanea casuale di foto scattate nelle mie visite in Gioia. Le stesse foto con il tempo potranno essere divise in Sezioni con idonee didascalie. Per adesso accontentatevi.

1. L'Azienda della Famiglia Albonico.

Adesso che dispongo di un automobile a Gioia Tauro vado più spesso, in genere per trovare il mio amico Camillo Albonico, che con il macintosh è più bravo di me e del cui aiuto mi avvalgo spesso, riuscendo a risolvere problemi altrimenti insolubili, come quando lui riesce a recuperare i dati dal disco rigido che si era rotto. Per andare da Seminara a Gioia faccio di preferenza la strada del Ponte Vecchio che mi porta direttamente da Camillo. La strada come ho già detto è gradevole per i paesaggi che si incontrano. Si va a scendere. Seminara si trova nel suo punto più alto, Barritteri, all'altezza di Monte Sant'Elia, se non erro a oltre 500 metri di altitudine. La piazza del paese a circa 280 metri ed andando verso Gioia dal Pontevecchio si scende sul livello del mare. Noi del posto, con un poco di astio campanilistico, andiamo dicendo che se conurbazione bisogna fare, è con Gioia Tauro che bisogna farla, per ragioni economiche. Se il porto decollasse dando luogo alla creazione di aziende, lo spazio ideale per la loro localizzazione dovrebbe essere lungo la strada del Ponte Vecchio. Ma questo è un altro discorso, alquanto futuribile.

2. Azienda Albonico. Foto 2.

Della famiglia Albonico voglio narrare una bella storia, di cui però mi manca il necessario talento letterario. Se fossi un Thomas Mann ci sarebbe da ricavare un bel romanzo alla Buddenbrooks, senza però la tristezza che lo caratterizza. Mi auguro però che l'episodio che sto per raccontare sia di ispirazione per qualcun altro di me più capace. La famiglia Albonico ha gestito per almeno un secolo, da padre in figlio, nei locali che si vedono nelle sei prime foto una grande azienda per falegnameria e materiali per l'edilizia. Nella porta centrale si legge scritto in grande ALBONICO. Dalla foto non si vede bene, ma alla prossimo occasione farò un primo piano con la scritta. L'Azienda era la prima nel suo campo ed ha cessato le sue attività intorno al 1994. Di mestiere il mio amico Camillo faceva l'insegnante, ora in pensione, ma non mi pare che abbia lavorato in Azienda, se non saltuariamente. E' un dottore commercialista. In cento anni di storia di cose ne sono successe e chissà quante se ne potrebbero raccontare. A me ne è rimasta impressa una in particolare, che narrò per sommi capi, lasciando indefiniti i dettagli, se mai fossero necessari.

Era successo che un fornitore austriaco di legname aveva commesso un errore a suo danno nella consegna del materiale all'azienda calabrese. Si badi bene: un errore che non avrebbe potuto reclamare, se mai se ne fosse accorto. Il valore economico era di una certa consistenza. Se ne accorse però uno degli Albonico, non il fondatore dell'azienza, ma il figlio, ossia il padre di Camillo. Senza esitazione Albonico padre mandò in Austria un assegno come corrispettivo della merce ricevuto in più. E questo basterebbe di per sé a chiudere la storia. Ma non finì qui. L'Austriaco non volle mai incassare l'assegno. Perché? Ne aveva bisogno per poterlo esibire in tutte le riunioni o gli incontri con i suoi Colleghi tedeschi per sbandierarlo come un esempio di onestà di cui non ricordava eguale in tutta la sua carriera. Bella e commovente storia che ha però un ulteriore seguito. Per la pubblicità, non voluta e non premeditata, capitava alla famiglia Albonico di non aver più bisogno di credenziali di nessun genere tutte le volte che dovevano rifornirsi in Austria. Il nome Albonico era da solo una garanzia di onestà. Come si dice in una pubblicità: bastava il nome. Purtroppo non sono il letterato che qui ci vorrebbe per raccontare cento anni di storia della famiglia Albonico, che cessò le sue attività intorno al 1994, forse perché tanta onestà e correttezza non sono ai giorni d'oggi la regola indiscussa e indiscutibile.

3. Azienda Albonico Foto 3.


4. Azienda Albonico. Foto 4.


5.


6. Azienda Albonico. Foto 6.


7. Strada.


8. Chiesa dell'Immacolata.


9.

10.

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